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domenica 26 maggio 2013

CICLISMO....UN GRANDE VINCENZO NIBALI TRIONFA A BRESCIA E VINCE IL GIRO D'ITALIA 2013

Un lampo rosa colora le Tre Cime di Lavaredo, imbiancate da una nevicata interminabile. Vincenzo Nibali ha scelto di vincere il 96/o Giro d’Italia di ciclismo nel modo più fragoroso, con un’impresa da leggenda, che riporta a un ciclismo dai fotogrammi in bianco e nero, lontano anni luce. Lo “Squalo dello Stretto” si è esaltato, sul tratto più duro della salita che portava sulle Tre Cime di Lavaredo, dove le pendenze toccano il 12 per cento e mentre la neve gli si incollava sul viso, gelandogli la pelle e rigandogli il cuore.

Nibali è stato semplicemente super, una spanna sopra gli altri: si è fatto trainare dai compagni Aru e Kangert, che è letteralmente “scoppiato”´, mentre mulinava per il proprio capitano, quindi è partito quando mancavano 3,5 km al traguardo. Tremilacinquecento metri da tregenda, mentre la neve aumentava d’intensità e il freddo sembrava avere il sopravvento sull’audacia, il coraggio e la forza di un manipolo di uomini soli con la propria sofferenza.
Nibali ha allungato, trascinandosi dietro due colombiani del calibro di Betancur e Uran Uran, scalatori puri, gente abituata a pedalare sempre in salita e controcorrente. Nibali è scattato una prima volta, poi ha ripreso fiato, con la maglia rosa diventata ormai bianca di neve, poi è ripartito a circa 2,5 chilometri dalla fine del supplizio. Questa volta lo scossone ha prodotto gli effetti sperati: Uran Uran e soprattutto Betancur si sono attardati, sembravano fermi, mentre il messinese dava l’impressione di volare. In fuga per la vittoria. Una fuga prepotente, nella bufera, con la neve attaccata addosso, uno smorfia che sembrava un misto di sofferenza, concentrazione, pathos.

Il corridore della Astana è andato via, mentre manipoli di tifosi formavamo una scia alle sue spalle e il padrone del Giro d’Italia sbracciava per toglierseli di torno. Anche, come ha ammesso al termine della tappa, per non rischiare di essere coinvolto in uno scivolone dai risvolti fantozziani. Nibali, a un chilometro dalla fine, magari con il pensiero alla “sua” calda Messina, rivolgendo lo sguardo alla neve incessante, ha avuto la forza di baciare la fede nuziale, in omaggio alla moglie Rachele che in quel momento piangeva di gioia ed esultava, non tanto per la ormai quasi certa vittoria nel Giro del marito, quanto per il coraggio mostrato dal suo “Enzino”. Nibali, dopo essere stato il terzo siciliano a indossare la maglia rosa, seguendo le orme del concittadino Giovanni Corrieri nel 1953 e del palermitano Giovanni Visconti nel 2008, sarà il primo a cucirsela addosso in maniera definitiva. Il suo exploit, che segue quello nella Vuelta di Spagna 2010, rimarrà scolpito nella storia del ciclismo e rappresenta una delle pagine più esaltati nella storia dello sport italiano. Perché Nibali non si è accontentato di vincere, ha voluto stravincerlo, il Giro d’Italia 2013: dopo giorni di controllo assoluto, mentre i suoi avversari (Wiggins su tutti) si sgretolavano, si staccavano, si arrendevano, lui proseguiva la propria marcia con la sicurezza e l’autorevolezza dei forti. Ha vinto nella bufera, Nibali, e forse nemmeno lui si è reso conto dell’importanza di un successo per nulla annunciato, ma atteso, sperato, preparato nei minimi dettagli, dopo mesi e mesi di preparazione, attraverso le affermazioni nella Tirreno-Adriatico e nel Giro del Trentino. Lo “Squalo dello Stretto” non voleva portare la maglia rosa a Brescia senza vittorie e c’è riuscito. A questo punto restano solo gli applausi e i titoli di coda.

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