Il tecnico portoghese ha ammesso che questa «è la peggiore stagione della mia carriera» e che la mancata finale di Champions è stato un suo «fallimento». Il ko con espulsione nella finale di Coppa del Re con l’Atletico Madrid è stata per lui l’ultima beffa, dopo gli schiaffi dell’eliminazione con il Borussia Dortmund e la sconfitta in campionato con il titolo della Liga andato ai rivali di sempre del Barcellona. Che il feeling con l’ambiente Real si fosse incrinato era noto a tutti da tempo. Prima le crepe interne, con l’epurazione del capitano Casillas, poi le insofferenze della tifoseria, scoppiate in aperta contestazione con i fischi nell’ultima partita con il Valladolid.
Un addio dunque senza rimpianti, né da una parte né dall’altra. D’altronde il tecnico ha capito di avere ormai perso il controllo della squadra. E le sue provocazioni e le sue intemperanze avevano perso efficacia. E la stampa ormai gli era tutta contro. «Vado dove mi amano» aveva detto a fine aprile. Ad amarlo in realtà sono in tanti: in Portogallo è un idolo dopo i trionfi con il Porto, ma anche in Italia con il triplete con l’Inter. Ma a Milano, nonostante gli ottimi rapporti con il presidente Moratti e i resti della sua Inter dei record, adesso non tornerà. Lo aspettano invece a braccia aperte i tifosi del Chelsea e Abramovich. Le merengue invece aspettano Ancelotti.
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